Words by Simone Botte
La Fashion Week milanese che piace a tutti tranne agli addetti ai lavori che dovrebbero viverla in prima persona, ma ormai sono gli ultimi della fila dopo influencer da ogni parte del mondo, tiktokers, attori, parterre di Uomini e Donne e cantanti coreani che nessuno riesce mai a distinguere e riconoscere.
Questo è un quadro riassuntivo della nuova settimana della moda che in 10 anni è cambiata ribaltandosi completamente andando verso una direzione sempre più strana. Non ho mai vissuto bene l’attesa per entrare alle sfilate, la questione dei posti, tutto quello che succede in quei giorni di tensione, se posso lo evito quindi tendo ad andare ad eventi di amici e in situazioni che non mi fanno sentire troppo fuori posto.
Poi c’è da dire una cosa molto semplice, io come mille altri comuni mortali non scendo impeccabile da una BMW con i vetri oscurati dopo essermi cambiato look direttamente davanti alla location dello show.
Io arrivo dopo due metro, un tram, un bus e un pezzo a piedi che mi fa sudare come un maiale perché ho scarpe troppo pesanti e dure quando mi ritrovo per scioperi o traffico a camminare per forza. Per poi arrivare nel peggiore degli stati davanti ai fotografi un po’ violenti che mi immortalano lucido in faccia nella peggiore smorfia del disagio o chiedono di spostarmi perché sono in mezzo alla foto di una importante creatrice di contenuti Lituana che sarà in prima fila da Gucci Again.
Ci sta!
Mi sono sempre sentito Ugly Betty senza poncho e credo di aver sempre trovato la cosa anche un po’ figa. Tornando al tema di questa piccola rubrica: il corpo non troppo delicato e inadatto alle camicie in seta svolazzanti e trasparenti di Timothèe Chalamet che forse non metterei nemmeno se portassi la stessa sua taglia.
Noi Fat-Symbols siamo abituati a nascondere, camuffare e in alcuni casi vorremmo passare inosservati in ambienti ed eventi dove è evidente un idea di perfezione e bellezza. Io tendo a voler stare comodo anche se nel caso delle scarpe non è mai così e sbaglio sempre scelta e me accorgo quando sono troppo lontano da casa. Del resto mi decoro con cose kawaii che sono anche il mio arredamento a casa, peluche, spille e ciondolini vari perchè prendermi sul serio non è la mia specialità, quindi il mio collezionismo diven entra nei miei look in questo settembre troppo umido per i miei gusti.
Ragiono sempre poco davanti all’armadio in queste occasioni e solitamente scelgo quello che mi da la sensazione più simile a quella che ti da un pijama perchè poi i vestiti non cambiano fino a sera quando me ne torno a casa, perchè io non ho outfit per ogni show, anche perchè la pancia maschile rimane sempre l’anticristo degli uffici stile, piace a letto anche a quelli della moda ma poi nei fitting diventa un incubo.
L’inclusività ora possiamo dirlo a voce alta, è andata a farsi fottere dalle passerelle ai servizi sui giornali, non vorrei dire VE LO AVEVO DETTO, ma il mio primo articolo qui su 33 Magazine è stato proprio sul mio timore nei riguardi di questa tendenza troppo marcata, della libertà dei corpi ecc ecc… la mia paura era che tutto fosse montato per urlare “cambiamento”, fare notizia, far parlare del coraggio di stilisti e modelli di tutte le taglie e in realtà come stiamo vedendo si sta tornando velocemente alle modelline zombie con ossa che fanno ombra sul corpo.
The Milan Fashion Week that everyone likes except the insiders who should experience it firsthand but are now the last in line after influencers from all over the world, TikTokers, actors, parterres of men and women and Korean singers that no one ever manages to distinguish and recognize.
This is a summary of the new fashion week which in 10 years has changed, completely overturned, going in an increasingly strange direction. I’ve never had a good experience with waiting to enter fashion shows, the question of seats, everything that happens on those days of tension, I avoid it if I can so I tend to go to friends’ events and in situations that don’t make me feel too out of place. place.
Then there is a very simple thing to say, I, like a thousand other ordinary mortals, do not get out of a BMW with tinted windows impeccably after changing my look directly in front of the show location.
I arrive after two metro, a tram, a bus and a bit of walking which makes me sweat like a pig because my shoes are too heavy and hard when I find myself forced to walk due to strikes or traffic. To then arrive in the worst state in front of slightly violent photographers who immortalize my face with the worst grimace of discomfort or ask me to move because I am in the middle of the photo of an important Lithuanian content creator who will be in the front row at Gucci Again .
There is!
I’ve always felt Ugly Betty without a poncho and I think I’ve always found it a bit cool too.
Returning to the theme of this little column: the body is not too delicate and unsuitable for Timothèe Chalamet’s fluttering and transparent silk shirts which perhaps I wouldn’t wear even if I were the same size as her.
We Fat-Symbols are used to hiding, camouflaging and in some cases we would like to go unnoticed in environments and events where an idea of perfection and beauty is evident.
I tend to want to be comfortable even if in the case of shoes this is never the case and I always make the wrong choice and I realize when I’m too far from home. After all, I decorate myself with kawaii things which are also my home decor, plush toys, pins and various pendants because taking myself seriously is not my specialty, so my collecting becomes part of my looks in this September which is too humid for my tastes .
I always think little in front of the wardrobe on these occasions and I usually choose the one that gives me the feeling most similar to that of a pajama because then the clothes don’t change until the evening when I go home, because I don’t have any outfits for every show, also because the male belly always remains the antichrist of the style offices, even the fashion ones like it in bed but then in the fittings it becomes a nightmare.
Now we can say it out loud, inclusiveness has gone to hell from catwalks to newspaper reports, I don’t want to say I TOLD YOU SO, but my first article here on 33 Magazine was precisely about my fear regarding this trend too marked, of the freedom of bodies etc etc… my fear was that everything was set up to scream “change”, make news, talk about the courage of stylists and models of all sizes and in reality, as we are seeing, it is returning quickly to the zombie models with bones casting shadows on the body.
Word by Simone Botte
33 MAGAZINE 