“Bones and Rings” explores ritual solitude, the body, and memory through a symbolic visual language. The photographic work was created by Elena Lovisolo, who developed the project using three distinct techniques: digital photography, manipulated Polaroids using emulsion lift and negative transfer, and handmade cyanotypes.
“Quando rientro in casa dopo il mio solito vagabondaggio senza meta respiro sempre un aria diversa, per poi tornare a soffocare piano, in pace. Amo la desolazione che mi sussurrano i mobili pieni di polvere, un po’ freddi e sgangherati. Stanno sempre lì, fanno finta di dormire, ma secondo me, sotto sotto, mi disprezzano. Giuro che ieri uno mi ha cigolato contro, totalmente a sfregio. Del resto, dentro di loro c’è l’essenza distillata del vuoto e del silenzio; nemmeno le termiti han voglia di mangiare, io le capisco. Che tanto queste stanze sono un guscio abbandonato e le pareti sono gelose dei loro segreti, forse troppo pesanti per essere raccontati.
Io non ho segreti, ma comunque non racconterei niente a nessuno.
E chi mai sarebbe tanto idiota da ascoltarmi! Quale bisogno ci sarebbe, mi chiedo, se qui fa così freddo che il tempo non scorre più.
Pure l’orologio ha battuto la fiacca. L’ho visto fermarsi, più stufo di me.
E ora come faccio a sapere quand’è l’ora di cena? Che m’importa, tanto non ho mai fame. Ogni volta che mangio finisce che mi viene da pensare. E dopo devo digerire i pensieri… sai che seccatura! Ma poi la fame è troppo pericolosa: ti prende lo stomaco, poi la testa… e poi ti restano solo gli occhi. Anzi no, neanche quelli. Ti restano i denti, belli solidi. Ma anche loro a volte scricchiolano, soprattutto se mastichi un’idea sbagliata. L’ho imparato ieri, ma pure oggi. Sono un po’ friabili come l’alabastro, quello gessato in particolare. Ma è così sciocco sgretolarsi: io dentro non sono vuoto come voi.
È vero, a volte perdo pezzi come una poltrona scucita.
Ma tanto chi se ne accorge!
Il mio involucro è sottile, a volte lo sento sciogliersi sotto il peso di tutto ciò che non riesco a capire. Una cosa la capisco, però: quando fa troppo freddo e i muri vogliono parlarmi a tutti i costi, è come se la pelle mi bruciasse un po’ dentro, le ossa troppo vicine al sole.
E allora le sento che fanno i capricci. Vogliono parlare, brillare, chissà cos’altro. Io intanto potrei farmi un caffè, rigorosamente macchiato. Però mi piace che sono un po’ fragili, la vedo questa strana luce; opaca sì, ma confortevole.
Tenetevi pure il vostro guscio di marmo, la vostra pelle dura e forte, la vostra prigione! Io intanto vado a ballare, e ballando mi specchio.
Eccoti, finalmente! Che ci fai qui tutto solo? Prima ti ho visto agitato, vuoi dirmi che è successo? Sono abbastanza sicuro di averti sentito ridere, ma che c’era di così divertente? So che mi hai guardato, lo fai anche adesso. Mi metti in guarda… ma da cosa?
No, non serve: rimaniamo zitti. Congiungiamoci in silenzio, su. Che poi se si rompe, lo specchio o il silenzio, non so… forse non ci sono più? Forse rimane soltanto una sagoma pallida, quella che vedono gli altri… ma gli altri chi? Parlo a vanvera, lo faccio spesso, soprattutto quando non ho niente di meglio da fare. Tipo oggi. Tipo tutti i giorni. Meno male che non hai pretese. Mica scemo, mi conosci! Solo tu mi vedi nudo. Complimenti, potevi anche evitare. Lo sai che mi vergogno. Ma tanto non hai niente da dire, e io non ho più niente da mettermi.
Sei muto, sì, ma mi urli contro. Poi però mi guardi, come per chiedermi come si possono spiegare le ossa di chi dorme per sempre nel silenzio più assoluto. Pensare che volevo solo farmi un caffè! Ma tanto siamo tutti uguali, sotto la pelle: stupidi scheletri in camicia da notte.
E il caffè l’ho finito ieri, mi ero scordato. Sarà scaduto il latte? La vedi questa polvere? No, non è Arabica… è desiderio in rovina di un vaso crepato e pieno di spifferi. Ma tu hai la presa salda, anche quando mi sfiori il dito della mano. Non sono più solo, non lo sono mai stato. Perché dovrei aver paura… Sì, dai.
Un bel sì secco, tanto è gratis. Ed è utto perfetto. Perché quando le parole inciampano, e la mente si tira indietro… rimane solo il gesto.” – Words by LORENZO FORMA

headcuff LIZZO
total look LUTCHMIAH
CREDITS:
Creative director + Stylist EUGENIO MONTELEONE @itsacramento
Ass. stylist FRANCESCA PAPANGELO @francesca.papangelo + MARIKA DI VITA @marikadivita
Producer GAIA MARCONCINI @marconcinigaia
Photographer ELENA LOVISOLO @sc.ully
Script LORENZO FORMA @lorenzoforma_
Make-up artist CLAUDIA ANDRIANI @claaudia.mua
Hair stylist RODRIGO DE SOUZA @rodrigosouzam_
Model THOMAS @majormodelsmilano
Location: Il circolo del collezionista, Milano @circolo_del_collezionista_


cardigan + top GIUGLIA GIUGLIA
shorts LIZZIO + necklace vintage archive
coat ALBINO
sunglasses ARENA EYEWEAR


trousers MARIKA CARAMIA
belt VINTAGE ARCHIVE + shoes REFERENC

shoes GREEN GEORGE

coat ALBINO + sunglasses ARENA EYEWEAR
shorts LIZZO + shoes DANIELE CAVALLO

headcuff LIZZIO
total look LUTCHMIAH


jacket DANIELE CAVALLO







jacket DANIELE CAVALLO + trousers + shoes SARA DE SANTIS

cardigan + top GIUGLIA + shorts LIZZIO + necklace vintage archive


trousers MARIKA CARAMIA + belt VINTAGE ARCHIVE

trousers MARIKA CARAMIA + belt VINTAGE ARCHIVE

